Alternanza Scuola Lavoro e Possibilità….

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L’articolo 4 della legge Moratti del 2003, la n. 53 del 28 marzo, dedicato all’Alternanza Scuola Lavoro,ha permesso l’attuarsi di un percorso pluriennale che rappresenta una vera e propria opportunità per gli allievi inseriti in percorsi di studi o di istruzione secondaria superiore. Si tratta di percorsi progettati e monitorati dall’istituzione scolastica o formativa, che sulla base di apposite convenzioni con le imprese (o con le rispettive associazioni di rappresentanza, agenzie camerali, o altri enti del terzo settore), permettono agli studenti di  realizzare periodi di apprendimento in situazione lavorativa.

Quando il decreto attuativo ( D.Lgs. n. 77, del 15 aprile 2005) pose in essere l’Alteranza, le scuole non si presentavano ancora spontaneamente, ma venivano scelte dall’Ufficio Regionale Scolastico. Erano soltanto tre Istituti a Provincia ed ogni Istituto poteva partecipare con un gruppo classe solamente. Fin dall’inizio della sperimentazione, ricordo che vi fu molto dissapore fra le scuole. Specialmente i Licei vedevano l’esperienza dell’Alternanza come un depauperamento dell’esperienza di Istruzione. L’Alternanza veniva considerata come un’intromissione del mondo del Lavoro e produttivo nel mondo del Sapere, secondo un pregiudizio aristocratico e calcificato, per cui era necessario mantenere la netta separazione fra attività intellettuale ed attività manuale, tra cultura generale e cultura professionale, tra studio e lavoro. In più, come nei gironi danteschi, nessuno si muoveva poi dai luoghi in cui aveva iniziato il percorso. Perciò l’Alternanza andava bene solo per le scuole tecniche e professionali, ma non per i Licei.

In dieci anni di consulenza orientativa, mi sembra che qualcosa si sia mosso. In molte scuole superiori della Regione Toscana, ho assistito ad una lenta ma progressiva metamorfosi in relazione a questo pregiudiziale dualismo. Le due esperienze oggi, non sono più considerate poi così separate o parallele, ma sono accolte come due facce della stessa medaglia. E la medaglia è a mio avviso, il fatto che molti insegnanti in gamba, hanno scelto di mettere al centro del loro progetto di Alternanza, proprio la crescita della Persona, che è lo studente.

A chi è rivolto infatti il Progetto di Alternanza? Agli studenti adolescenti, in un tempo delicato della loro crescita, mentre sono in piena e tumultuosa trasformazione. Una trasformazione del corpo, della mente, delle relazioni, delle loro personali visioni del mondo, dell’ampliamento delle loro conoscenze e della costruzione di nuovi processi di apprendimento. Le contraddizioni che caratterizzano questa età della vita sono molteplici, molteplici sono i bisogni dei ragazzi, i loro impulsi, le loro fantasie, le loro speranze, le loro chiusure, i loro silenzi…Di fronte a questo universo in trasformazione, l’adulto/insegnante, può scegliere se agevolare la scoperta, la curiosità dei ragazzi, facilitando la messa in gioco di alcune loro parti interne con alcune esperienze significative, oppure fossilizzarsi ad un’immagine soltanto parziale,periferica, della personalità dei propri studenti, basandosi esclusivamente sulla valutazione e sul rendimento scolastico.

A mio avviso un percorso come quello proposto dall’Alternanza, che implica l’ingresso in un ambiente nuovo, totalmente estraneo alla quotidianità della scuola e della famiglia del ragazzo, pone l’interrogativo agli studenti di come stare alla presenza dell’altro; come elaborare e gestire, ruoli, regole e codici comunicativi, dentro realtà lavorative poco consuete e spesso, idealizzate. L’elemento cardine dell’Alternanza è rappresentato dallo Stage, concepito non solo come luogo di apprendimento didattico e/o tecnico professionale, ma anche come campo relazionale: un’ occasione, se ben programmato dalla scuola e dall’azienda, per potenziare e migliorare competenze sociali, relazionali, comunicative e cooperative.

Nella consulenza con i docenti delle scuole superiori, ho incontrato insegnanti che hanno attraversato momenti di rottura con alcuni dei loro studenti, e/o momenti di forte crisi con la classe. Le dinamiche di instabilità e di disagio relazionale, sono frequenti per un insegnante e spesso ho visto sciogliersi dei nodi fra alunni e docenti, proprio dopo settimane di Alternanza Scuola-Lavoro.Il ragazzo infatti uscendo dall’aula, fa i conti con un’adultità diversa da quella della famiglia e della scuola ed impara a riconoscere e sperimentare confini ben precisi, responsabilità nuove e nuove competenze. Il docente inoltre, ha la possibilità di  rapportarsi con il proprio studente, in un modo diverso,  a-valutativo e supportivo.

Che senso ha leggere, scrivere, saper fare, lavorare se tutto questo si ferma lì, sulla pagina che si scrive o che si studia,o sulla nozione che si impara? Ricorda Platone “ a che cosa serve saper trasformare le pietre in oro” se poi non sappiamo a che pro usare l’oro, per tenerlo sempre con noi?

A che cosa può servire oggi studiare, applicarsi, lavorare, essere occupabili, se tutto ciò non ha un senso per noi? Se non sentiamo che quell’esperienza, quella mattinata, quel lavoro in fondo ci piace, ci intriga, ci appassiona, ci fa crescere, ci cambia, ci fa camminare? L’aula non dovrebbe essere solo uno spazio delineato da delle mura, ma un Luogo. Una trama di storie complesse e delicatissime. Si lavora in gruppo per imparare a stare nel gruppo, per ricevere la lezione non solo dai libri, ma anche dalla relazione con gli altri. Con gli altri dentro la classe e con gli altri fuori dalla classe e con se stessi. Cominciamo a far esplorare ai ragazzi certi territori extrascolastici e lavorativi, aiutiamoli ad interessarsi al valore del lavoro, aiutiamoli a saper leggere la realtà, aiutiamoli a calarsi nell’ esperienza dell’altro, a leggere un altro punto di vista che non sia solo il proprio, aiutiamoli a scegliere, a pensarsi nel futuro. Costruiamo per loro un piano etico del vivere, cominciando dalle piccole esperienze di tutti i giorni: apriamo loro delle possibilità,facciamoli sentire vivi dentro la scuola, aprendo per loro nuovi contesti di pensiero e nuove forme di esperienza.

In questi anni lavorare con i ragazzi ha rappresentato per me una sfida educativa ed ancora oggi i laboratori di orientamento, hanno questo sapore.

Tanti i volti incontrati e tante le idee bizzarre e stravaganti, condivise con i ragazzi. Qualcuna di esse in particolare, ha tinteggiato e colorato le pareti grigie di certi vecchi istituti, ed ha lasciato a qualche mio desiderio, il coraggio di alzarsi in volo.

La fiducia è nel contempo fragile e audace, perchè attende una risposta“, scrive Pierre Durrande. E allora, perchè non provare a cercarla assieme ai ragazzi, anche fuori dall’aula?  

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