Quando confliggere apre possibilità…

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Pur cercando di stabilire un rapporto improntato il più possibile al rispetto per l’altro e alla reciprocità, è inevitabile che in famiglia a intervalli regolari, le esigenze degli adulti e dei bambini si trovino in conflitto. Per questo è necessario imparare a fare i conti con i conflitti esterni/interni.

Per motivi diversi però, noi adulti abbiamo perso questa capacità, oppure la evitiamo.

I genitori che hanno cessato di mettere in pratica tale competenza ( la competenza conflittuale),spesso chiedono anche ai loro figli di rinunciarvi, utilizzando spesso la forza o la manipolazione, o l’esercizio del ruolo. Per questo i bambini non riescono più a “litigare bene”. Spesso non sanno “come” litigare. Scegliere di attraversare assieme ai figli, quel territorio spesso scomodo e doloroso che sono le divergenze conflittuali, lo scontro di posizioni, di bisogni e di vedute, non è una scelta facile. Ma sapere affrontare i conflitti, è l’unica facoltà che ci può aiutare a mantenerci psichicamente sani. Spesso anche il fattore Tempo è uno strumento straordinario per la buona gestione conflittuale: come noi adulti, anche i nostri bambini quando devono fare qualcosa di cui non hanno assolutamente voglia, hanno bisogno di tempo per scegliere la loro posizione ed adottare l’atteggiamento che poi consenta loro di dire “si”. Nel mondo dei bambini non è tanto il problema della “pulizia dei denti” a creare conflitto ad esempio, quanto il fatto che venga messo in discussione il loro amore nei confronti del genitore. Se si è consapevoli di questo, risulta più facile stabilire delle priorità. Se si ha la possibilità di lasciare un po’ di tempo ai figli, si riescono ad evitare molte situazioni inutili e estenuanti. Ma bisogna scegliere da che parte stare: se sfruttare la situazione che genera frustrazione per usare la volontà e la forza o la manipolazione con i figli come espediente per uscire dal conflitto, oppure decidere di ascoltare i bisogni di ciascuno, provare ad esprimerli, esplorando così insieme posizioni e soluzioni nuove di fronte alla frustrazione. Occorre infatti ricordare, quando le divergenze in famiglia diventano un problema, che le parti in causa sono sempre due: il genitore e il figlio. E come ricorda Jesper Juuls, “non basta discutere su che cosa sia bene per il bambino. E’ altrettanto importante chiedersi, che cosa sia più opportuno nell’interesse dell’adulto che egli è destinato a diventare“. Pertanto è possibile durante uno scontro analizzare la propria situazione di genitore e la propria posizione, in relazione alla situazione e alla posizione del proprio figlio, ma senza mai dimenticare le differenze di ciascuno ed i bisogni educativi dei bambini. Questo permette di fare chiarezza sulle scelte genitoriali, senza necessariamente identificarle con le emozioni del momento. Il conflitto diventa quindi per i genitori, la sollecitazione a confrontarsi in una logica di responsabilità e non più, di autorità.

Quando abbiamo la sensazione che i nostri bisogni e desideri vengano presi sul serio, diventa meno importante essere adesivi ai propri punti di vista ed il conflitto si può distendere in una maggiore reciprocità. Talvolta però il genitore è il primo a non avere chiarezza sui propri bisogni e fa fatica a legittimarli (probabilmente i bisogni sono stati presi poco sul serio dagli altri, da piccolo). In tali circostanze può risultare difficile per il genitore, sintonizzarsi sui bisogni del figlio. Lavorando sulla competenza conflittuale e sulle emozioni, è tuttavia possibile sviluppare consapevolezza su questi aspetti difensivi e migliorare la qualità della relazione.

Diventa perciò importante per la qualità della vita familiare, che il genitore prenda iniziativa, diventando più consapevole del proprio vissuto e che inviti attivamente il figlio a fare altrettanto: esprimendo bisogni e desideri dentro il conflitto. Altrimenti i bambini non imparano a parlare di sè, ma imparano soltanto ad argomentare contro i genitori. Questo però non fa altro che accrescere l’incomprensione e l’ignoranza dell’uno nei confronti dell’altro, con il risultato finale che tutti si portano dentro la convinzione che nei confitti, “parlare non serve niente” e che i conflitti, “vanno evitati”. Occorre poi che il genitore avverta la responsabilità di cercare assieme al figlio, possibili direzioni.

Non sempre è piacevole vedersi allo specchio, ed i conflitti hanno questa caratteristica. Ci  mostrano dove siamo e chi siamo, nella relazione. Ci guidano dentro i bisogni più autentici del nostro cuore e del cuore dell’altro. Ci chiedono di prendere decisioni. Ci mettono in contatto in maniera nuova con i nostri figli e ci invitano a prendere sul serio l’essere genitori. L’alternativa è  evitare,  spostare l’attenzione, manipolare, comandare, far finta di non sentire.

«Purtroppo non si tiene conto che il reale è a più strati

                      Anna Maria Ortese